Intervento del Presidente del Consiglio alla presentazione del rapporto Welfare Index Pmi 2020

22.09.2020 “Il Rapporto giunge alla sua quinta edizione e costituisce senz’altro un osservatorio prezioso per analizzare i mutamenti che stanno attraversando sia il mondo del lavoro e che sono stati accelerati in maniera significativa dalla necessità di rispondere efficacemente alle sfide poste dalla pandemia e sia il mondo, appunto, delle imprese.

La crisi del Covid-19 ci ha portato a riscoprire l’importanza della salute e della sicurezza della persona come precondizioni essenziali per lo sviluppo, e a non pensarle più come semplici conseguenze dell’attività economica.

C’è molto da ridiscutere sulla logica quella angusta impostazione che vede l’homo oeconomicus come cioè soggetto prevalentemente versato soltanto a soddisfare i suoi bisogni economici, come “agente economico” che invece non considera la complessità della dimensione esistenziale e della dimensione anche di vita sociale.

E da questo punto di vista, questo premio, la sensibilità su cui veniamo richiamati a riflettere è molto importante perché costituisce una sorta di rivoluzione. Una sorta di rivoluzione, l’ho detto già in altre occasioni, verso un modello che fino a poco tempo fa era assolutamente prevalente, pensate che anche nei trattati di economia aziendale, se prendiamo i trattati qualche lustro orsono… era prevalente il concetto di shareholder value, cioè il compito degli amministratori, del management era quello di massimizzare i rendimenti degli azionisti, dei soci di una società, dei partecipi all’intrapresa economica.

In realtà oggi non troverete un manuale aziendale, se non uno di vecchia impostazione che non consideri invece un concetto molto più ampio, quello degli stakeholders, cioè c’è un ormai diffusa convinzione che non sia possibile raggiungere dei traguardi anche sul piano economico, della produttività, della competitività senza tener conto che non si possono solo soddisfare i bisogni economici – assolutamente legittimi, intendiamoci – dei soci, degli azionisti, senza però tener conto anche del grado di soddisfazione che vivono gli stessi lavoratori, i dipendenti se trovano o meno un ambiente gradevole per quanto riguarda lo svolgimento dell’attività lavorativa, se trovano un ambiente predisposto a una loro riqualificazione continua sul piano professionale, e questo vale anche per tutti gli altri lavoratori, anche esterni, consulenti, autonomi, tutti i soggetti che in qualche modo interloquiscono con l’impresa. Impresa che è una realtà associativa molto più complessa rispetto a quello che comunemente viene rappresentato.

Ecco, da questo punto di vista questo premio, già da qualche anno, segnala quindi questa rivoluzione copernicana e, ripeto, io ho sempre tenuto a sottolineare come al fondo di questa rivoluzione non ci debba essere una vocazione altra dell’impresa rispetto a quello che è la sua finalità costituiva, l’impresa deve poter stare sul mercato, deve poter perseguire con criteri di economicità il proprio equilibrio economico-finanziario, deve generare valore anche economico però un’impresa che valuti solo questo aspetto della realtà più complessa in cui si inserisce rischia di essere condannata a un rapido esilio rispetto a quelle che sono altre premure anche etiche-sociali.

Oggi abbiamo dei rating e questo è uno di quelli che tengono conto delle performance delle imprese ma addirittura c’è una finanza etica, quindi finanziamenti dove si tiene conto non solo della capacità d’impresa di produrre reddito immediato ma anche della sua capacità di mantenersi con gambe proprio sul mercato e se noi abbracciamo la prospettiva di medio e lungo termine, evidentemente noi abbracciamo una prospettiva in cui l’impresa deve necessariamente predisporsi a soddisfare una platea più ampia di interlocutori, appunto di stakeholders.

E da questo punto di vista, questo è un premio che quest’anno questo concetto di welfare aziendale è ancora più interessante, importante perché ci sono stati tantissimi soggetti che hanno dimostrato… tantissime piccole e medie imprese, sono il nostro tessuto, diciamo, quello… il nerbo costitutivo della nostra filiera produttiva che hanno dimostrato grandissima resilienza.

Siamo consapevoli, io sono consapevole che dietro ci sono stati tantissimi sacrifici, tantissimi sacrifici perché comunque organizzarsi difronte a una pandemia del genere, un’emergenza economica che non era preannunciata e che ha avuto un impatto assolutamente impensabile, inopinato, non è affatto semplice, però quello che mi ha sorpreso molto è stata la capacità di reazione, la reattività che hanno dimostrato le nostre piccole e medie imprese in particolare oltre che le imprese più grandi e la possibilità addirittura di attrezzare uno smart working, quando semai non si era predisposti per farlo.

Addirittura neppure le attività formative si sono interrotte, nel rapporto è molto ben sottolineato, sono continuate anche in contesto emergenziale le attività formative e anzi, diciamo che questa emergenza da questo punto di vista è stata una sperimentazione molto efficace per proseguire in questa direzione.

Questa pandemia in realtà ci ha mostrato che il benessere di ognuno, di ognuno di noi dipende in maniera cruciale dal benessere di tutta la nostra comunità e, in particolar modo, da quello di coloro che creano gli strumenti materiali e immateriali necessari alla vita della comunità stessa.

È stata una prova difficile, difficilissima, non è ancora terminata questa prova, non siamo nella fase più acuta ma facciam bene a non abbassare la guardia. Se guardiamo anche ai Paesi che sono in Europa a noi più vicini vediamo che il livello di contagio sta salendo notevolmente e quindi dobbiamo non abbassare la guardia, dobbiamo rispettare quelle regole precauzionali che ci consentiranno di proseguire nella vita sociale, economica e di iniziare a programmare e ad attuare una seria ricostruzione del nostro tessuto economico-sociale.

Però dobbiamo, dico io, anche essere più ambiziosi, abbiamo la possibilità di farlo, le risorse finanziarie che l’Europa ci ha messo a disposizione, 209 miliardi, ci consentiranno di essere ambiziosi e al traguardo di reinventare anche una normalità, di migliorare quella precedente, reinventare il nostro Paese, ripensare anche le vecchie categorie e in questa direzione sicuramente la sostenibilità ambientale, perseguire sempre un ambiente quanto più favorevole e profittevole per i lavoratori, tener conto anche delle ricadute sul piano sociale delle iniziative di impresa, tutto questo deve far parte integrante del nostro patrimonio, del nostro DNA.

L’Italia ha questa particolare vocazione, non c’è crescita, non c’è crescita che sia solo affidata al PIL, a indici monetari economici senza sviluppo ambientale, senza sviluppo sociale e sostenibile. Da questo punto di vista è nel DNA della nostra tradizione storica, culturale e del nostro quadro valoriale, abbracciare completamente le prassi socialmente responsabili, abbracciare completamente le prassi, le migliori prassi del welfare aziendale.

Noi ce la metteremo tutta, e mi fa molto piacere che questa iniziativa e questa sensibilità provengano dal mondo stesso delle imprese. Questo è il futuro per essere competitivi, per incrementare i livelli di produttività bisogna predisporsi a recepire queste premure, le chiamo così, anche all’interno delle strategie imprenditoriali. Solo così si potrà essere vincenti e potremo perseguire l’obiettivo molto ambizioso che abbiamo: rendere il Paese più moderno, più competitivo ma la nostra competitività non sarà solo in termini di crescita del PIL che vogliamo assolutamente perseguire e realizzare, sarà anche in termini di crescita e miglioramento della qualità della vita, dello stato di benessere esistenziale e sociale. Siamo molto più ambiziosi di tanti altri. Grazie.”