Discorso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla celebrazione della Festa del Lavoro 2019

“Senza lavoro rimane incompiuto il diritto stesso di cittadinanza, la dignità dell’individuo ne rimane mortificata, la solidarietà sociale e la stessa possibilità di sviluppo della società ne rimangono compromesse

1° Maggio 2019 Il Presidente Sergio Mattarella dopo aver dato il suo benvenuto al Quirinale ai partecipanti intervenuti alla cerimonia, con particolare riferimento a tutti i lavoratori italiani in Patria e all’estero e a quanti vivono e operano nel nostro Paese, ha ringraziato il Vice Presidente del Consiglio e Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Di Maio, il Presidente D’Amato, il Presidente dell’Associazione lavoratori anziani, Patriarca, il Presidente della Federazione Maestri del lavoro.

Riportiamo di seguito parte dell’intervento del Presidente:

“Rinnovo le mie congratulazioni ai nuovi Maestri del lavoro, le cui storie di vita, con tanto impegno e sacrifici profusi, hanno contribuito al progresso del nostro Paese. Le Stelle al Merito rappresentano un giusto riconoscimento e, insieme, una testimonianza che si vuole trasmettere alle generazioni più giovani, come ha ben illustrato il Presidente Giovati.

La festa del Primo maggio è una festa della Repubblica e della Costituzione, che indica nel lavoro un fondamento di civiltà, condizione di autentica libertà personale, di autonomia delle persone nella costruzione del proprio destino.

Il lavoro e la scuola sono stati il formidabile ascensore sociale che ha cambiato il Paese da quando è nata la Repubblica; e mantengono questo ruolo. Hanno costituito lo strumento di eguaglianza sociale più efficace dell’Italia repubblicana, hanno rappresentato e rappresentano il patrimonio di chi non ha ricchezze ma può disporre della propria intelligenza e laboriosità.

Per questa ragione, nel giorno in cui si celebra il lavoro e si discute delle sue incalzanti innovazioni, desidero esprimere la mia vicinanza a quanti lo cercano e ancora non riescono a ottenerlo, a chi lo ha perduto, a chi è occupato in modo precario o saltuario, a coloro i quali lavorano con una retribuzione insufficiente per sostenere se stessi e le proprie famiglie.

La nostra Carta costituzionale riconosce il lavoro come bene sociale e pone alle istituzioni, a tutti i livelli, di compiere ogni sforzo per ampliare le opportunità occupazionali, per rimuovere le cause degli squilibri tra territori, per accrescere le conoscenze, le competenze, gli investimenti necessari a uno sviluppo sostenibile. Si tratta di un dovere pubblico a cui non ci si può sottrarre. Così come non può essere cancellato dalla Costituzione quel traguardo di piena occupazione, che resta una sfida costante, un obiettivo a cui tendere, utilizzando ogni possibile leva di intervento”.

L’economia italiana, come del resto quella europea, si trova ad affrontare una congiuntura debole. Le incertezze, che derivano particolarmente da vari fattori internazionali e da tensioni sulle politiche commerciali, hanno costretto a una revisione al ribasso delle previsioni di crescita, che vede peraltro qualche segno di rialzo. A questo raffreddamento si aggiunge per noi il peso obiettivo del debito pubblico, che impone cura e attenzioni particolari per rafforzare la fiducia degli investitori, per tutelare il risparmio degli italiani, per tenere in equilibrio programmi di spesa e finanziamenti realistici.

“Particolarmente insufficiente è l’occupazione femminile, e tanto più questo emerge nel confronto con l’Unione Europea. Ridurre lo scarto che penalizza le donne in termini di posti di lavoro, di differenza salariale, di possibilità di carriera, è un’assoluta necessità, e può diventare uno dei maggiori moltiplicatori di benessere e di crescita.

È dimostrato, inoltre, che l’incremento del lavoro femminile – tanto più se sostenuto da misure di conciliazione dei tempi e da adeguati servizi per l’infanzia – favorisce anche l’aumento della natalità e incoraggia la formazione di giovani famiglie.

“L’accelerato sviluppo digitale, l’intelligenza artificiale, la robotica producono mutamenti profondi e davvero velocissimi. È indubbio che stanno scomparendo talune professionalità e talune vecchie mansioni. Al contempo stanno nascendo nuovi lavori. Non si possono affrontare queste trasformazioni solo con posizioni difensive. Vanno approntati strumenti adeguati per guidare il cambiamento a favore della società, compresa la leva fiscale, visto che le tasse sui redditi da lavoro in Italia sono tra le più alte dei Paesi sviluppati.

In occasione di trasformazioni importanti nei settori dell’industria pesante, della chimica, del tessile, vennero messi in campo, in passato, imponenti programmi di riconversione occupazionale e produttiva: abbiamo bisogno di incentivare investimenti, privati e pubblici, nei settori di punta. Abbiamo bisogno di modalità che garantiscano una formazione continua, e di sistemi di sicurezza sociale che accompagnino, e tutelino, i nuovi percorsi lavorativi. Temi sui quali il ministro Di Maio ha illustrato l’impegno del governo.

È un grave danno per il Paese che le imprese più innovative siano oggi alla ricerca di persone con specifiche caratteristiche professionali e che questi posti di lavoro restino vacanti. Contemporaneamente ci troviamo ad affrontare una grave disoccupazione giovanile, specie nel Mezzogiorno, e una emigrazione di giovani laureati, a fronte di vuoti che si stanno manifestando in settori specialistici”.

La società moderna deve molto alla crescita del mondo del lavoro. Una crescita di civiltà, non soltanto di ricchezza. I diritti del lavoro, sorti nella contrattazione, sono divenuti diritti universali e hanno plasmato un modello di Stato sociale che, via via, ha rafforzato le misure generali per l’assistenza, il bisogno, la malattia, la vecchiaia. Questo sistema di diritti, che mette al centro la persona, si chiama Europa.

Ma se l’Unione è nata grazie all’apporto degli Stati nazionali, adesso soltanto la forza unitaria del Continente può assicurare la difesa di quei principi, di quei caposaldi dell’ordinamento, di fronte all’incalzare della competizione globale.

I singoli Paesi che ne sono membri rappresentano un ambito troppo fragile per poter difendere efficacemente il lavoro e i diritti. L’Europa, invece, ha la dimensione, la storia e la cultura, per contribuire a un nuovo modello di sviluppo. Un modello più sostenibile sul piano ambientale come su quello della giustizia sociale.

L’Unione europea può fare ancora di più – deve fare ancora di più – incrementando il sostegno alle trasformazioni tecnologiche e produttive, attivando politiche e risorse proprie dell’Europa sociale per la riqualificazione professionale di chi ha perso lavoro e di chi lo sta cercando

I governi europei sono di fronte alle loro responsabilità. Ma un grande compito hanno le opinioni pubbliche, e le forze espressive della società. I sindacati dei lavoratori, come quelli degli imprenditori, possono esercitare un ruolo importante, da protagonisti, al pari di quanto è avvenuto in momenti cruciali di avanzamento della nostra vita nazionale, in cui sono stati capaci di interpretare gli interessi generali”.

“La sicurezza sul lavoro è un altro pilastro di legalità.

Pochi giorni addietro – il 24 aprile – quattro persone sono morte sul lavoro: nel porto di Livorno, a Savigliano, nel Cuneense, a Sestu vicino Cagliari, a Ravello nel Salernitano.

Ho appena consegnato le Stelle al merito alla memoria ai familiari di due caduti sul lavoro – Ilario Rifaldi e Alberto Pedon – con essi ricordiamo, con grande tristezza e rimpianto, tutti coloro che sul lavoro hanno perso la vita.

Laddove vengono utilizzati i sistemi più adeguati e le moderne misure anti-infortunistiche, i livelli di sicurezza sono cresciuti. Lavorare senza pericolo è non solo possibile, ma irrinunciabile. Tuttavia gli incidenti continuano, causando lutti, invalidità, sofferenze immani alle vittime e ai loro familiari.

Non possiamo tollerare alcun evento mortale sul lavoro.

Viviamo un passaggio d’epoca. Che ci presenta, come sempre, allo stesso tempo, forti difficoltà ma anche straordinarie opportunità. La possibilità di avviare un ciclo positivo è nelle nostre mani.

Come sempre, anche in questo nostro tempo, coesione e giustizia sociali sono condizioni di successo. Per tutti. Buon Primo maggio!“